Roma - Accademia S. Luca fino al 5 marzo 2018

House Of Words - The Muse And Seven Black Paintings: Jim Dine a Roma

La mostra celebra l’elezione dell’artista di origini americane ad accademico di San Luca

Restano ancora pochi giorni per visitare House Of Words - The Muse And Seven Black Paintings, l’esposizione di Jim Dine (1935) a Roma. La mostra – tanto circoscritta spazialmente quanto dirompente alla vista – alberga fino al 3 febbraio nelle tre sale al piano terra di Palazzo Carpegna, sede dell’Accademia di San Luca. Una iniziativa nata sia per celebrare la nomina dell’artista tra gli accademici dell’Istituzione, sia per rendere omaggio a uno dei protagonisti indiscussi del processo di cambiamento che attraversa lo scenario artistico internazionale a partire dai primi anni ’60 del Secolo scorso.

Jim Dine è una delle voci di primo piano che risuonano alla Biennale di Venezia del 1964, l’edizione che sancisce il successo planetario della Pop Art. Inevitabilmente, per parecchi anni, la lettura critica del suo lavoro resta confinata alle ricerche riconducibili a tale definizione, restituendo una riflessione parziale della sua poetica. In realtà, con Dine siamo di fronte ad una personalità artistica complessa, difficilmente incasellabile in maniera ortodossa in un’unica posizione. La sua capacità di rinnovamento ha portato critici autorevoli, Maurizio Calvesi prima di altri, a parlare di Dine come di una “figura di trapasso” dal neo dada all’arte di reportage. L’opera dell’autore statunitense, fatta di oggetti, immagini e parole, è un perenne confronto tra questi elementi: un’azione sia mentale sia fisica.

Entrando nel vivo della mostra all’Accademia di San Luca, nelle due stanze agli estremi è percepibile lo stretto rapporto che l’artista mantiene con la tradizione pittorica, in particolare con l’uso del colore di matrice espressionista. Il legame con il pigmento, in questo caso, si declina attraverso il ciclo pittorico Black Paintings, concepito nel 2015 nel suo studio di Parigi; qui presentato in anteprima. Si tratta di sette tele di grande formato, caratterizzate da un uso plastico della materia pittorica e da cromie sature che danno vita ad una drammaturgia che preme sulle emozioni, sulla memoria e sul presente ad uno stesso tempo.

L’ala centrale del percorso espositivo, invece, è occupata da una installazione muscolare composta da un enorme autoritratto scultoreo di Dine (in gesso, poliestere e legno), intorno al quale “danzano” cinque grandi sculture lignee; il tutto circondato da pareti rivestite dai versi di un poema scritto dallo stesso artista: The Flowering Sheets (Poet Singing). Segni che evocano una narrativa iconografica articolata, a tratti criptica, dove la massa e la presenza delle forme si alleggeriscono nei tratti sfumati e sfuggenti delle parole. Parole che formano immagini, rievocano idee di potere e ricordi un passato remoto. La stessa testa è un rimando alla cultura classica, alla rappresentazione canonica degli imperatori o dei dittatori. Il progetto in generale nasce nel 2008, sollecitato da un invito del Getty di Los Angeles a realizzare una installazione in dialogo con la collezione di opere antiche del Museo. Come racconta lo stesso Dine, durante quell’occasione rimase profondamente colpito da una rappresentazione di Orfeo e le Muse, che trovò poi il suo sentire e la sua forma completa in The Flowering Sheets (Poet Singing). 

INFO
Jim Dine. House of Words.
The muse and seven black paintings
Fino al 5 marzo 2018
Accademia Nazionale di San Luca
Palazzo Carpegna
Piazza dell’Accademia di San Luca, 77
www.accademiasanluca.eu/it