In ricordo di Achille Pace

Nella sua apparenza il segno ha un certo carattere provvisorio, instabile; sembra rincorrere qualcosa che non riesce ad avere, inquieto e veloce, ma allo stesso tempo, intimamente legato all’idea, all’origine del pensiero, all’aspetto psico-fisico dell’artista, tanto da renderlo facilmente apparentabile con i fenomeni della natura. [...] Se puro e spontaneo e guidato in modo giusto, consciamente o inconsciamente, evoca sufficientemente i valori della luce, del colore, della plasticità, dello spazio. La struttura dello spazio di superficie viene così assorbita dall’azione del “segno” innescando il moto e l’unità plastica del quadro. La struttura dello spazio di superficie viene così assorbita dall’azione del “segno” innescando il moto e l’unità plastica del quadro.

Riconoscere questa funzione del “segno” nell’arte moderna vuol dire riconoscere l’eredità delle avanguardie storiche.

 

Scritte intorno al 1949, queste parole di Achille Pace alcuni anni dopo avrebbero trovato pieno riscontro nel suo lavoro. Pace, nato come pittore di paesaggio, cresce e affina le sue ricerche a partire dalla metà degli anni Cinquanta dopo un lungo viaggio in Svizzera, che gli offre la possibilità di conoscere l’espressionismo astratto di matrice tedesca e, soprattutto, le opere e gli scritti di Paul Klee. La sua pittura risente anche del clima derivato dell’influenza dell’Action painting americana sbarcata in Italia nel dopoguerra, che lo porta ad inserire altri materiali nelle sue opere, fino ad usare il filo e altri elementi tessili, cucendo insieme il gesto pittorico e la tecnica dell’assemblage.

Nei primi anni Sessanta, insieme a Frascà, Santoro, Pace, Carrino, Uncini e Biggi, fonda il Gruppo Uno, impegnato a superare le correnti informale e a rifondare i linguaggi visivi in termini razionali, avvalendosi dell’utilizzo di nuovi materiali su strutture geometriche di valore percettivo e portando avanti anche una revisione del rapporto artista-società.

Achille Pace ha dato un contributo importante all’arte di questi decenni, non solo attraverso la sua opera ma anche in quanto fondatore del Premio Termoli d’arte contemporanea nel 1955 presso la Galleria Civica (oggi al MACTE, Museo d’Arte Contemporanea Termoli), permettendo ad una città come Termoli, defilata rispetto ai centri dell’arte italiana di entrare in contatto con alcuni dei suoi nomi più prestigiosi, tra i quali si devono citare Burri, Capogrossi, Vedova, Fontana. Il mondo dell’arte, dunque, piange non solo l’artista Pace ma anche un animatore del mondo culturale. L’Accademia dei Virtuosi al Pantheon, di cui Achille Pace è stato degnamente un rappresentante, si stringe calorosamente intorno alla famiglia e ai suoi cari.